Addio a Forattini, da Vauro a Osho il ricordo del re della satira

Addio a Forattini da Vauro a Osho il ricordo del re della satira

(Adnkronos) – Si è spento a 94 anni, nella sua abitazione milanese, Giorgio Forattini, il “re della satira” che con oltre diecimila vignette ha segnato la storia del giornalismo italiano, le prime ad essere pubblicate in prima pagina sui giornali e a cadenza quotidiana. Ecco il ricordo che vignettisti, giornalisti e saggisti affidano all’Adnkronos. 

“Io ho iniziato la mia carriera satirica con lui, nel ‘Satyricon’ di Repubblica, e quindi gli devo riconoscenza – dice il vignettista Vauro Senesi – Siamo stati talvolta, come è normale che sia, in conflitto critico. Mai nemici, però. La satira ha questo di bello: viene definita a volte feroce, cattiva, ma ha sempre un elemento di gioco, un elemento ludico. Quindi anche nei rapporti tra i fautori di satira non diventa mai aggressiva o competitiva, c’è sempre una complicità, che può essere definita la complicità del gioco”. 

Analizzando le caratteristiche del grande vignettista scomparso, Vauro sottolinea: “Il suo era un tratto ritrattistico, usava lo strumento della caricatura ma mantenendo uno sguardo quasi realistico”. Come verrà ricordato Giorgio Forattini? “Non lo so, perché questo è un Paese con la memoria corta, quindi non so nemmeno se verrà ricordato – osserva Vauro – Come altri grandi della satira, che sono stati di fatto dimenticati. In ogni caso ho sempre pensato che le commemorazioni non servano a ricordare ma a dimenticare. Quindi spero per lui che ora non divenga un’icona a pronto consumo”.  

“Ho saputo la notizia e mi dispiace enormemente anche se sapevo che ultimamente era in una situazione che faceva prevedere il peggio. Ho cominciato grazie a Giorgio Forattini sul Satyricon di Repubblica e quindi gli devo ampia riconoscenza”, dice lo storico vignettista del Corriere della Sera Emilio Giannelli.  

“Quando lui è andato a La Stampa, io sono andato a fare le vignette che faceva lui alternandomi con Bucchi. Lui è poi ritornato in prima pagina e io e Bucchi siamo rimasti nella pagina a tema. Poi io sono andato al Corriere della Sera”, ricorda. Eravate amici-rivali? “Io facevo le vignette inizialmente per hobby perché il mio mestiere era un altro. Non si può certo parlare di rivalità ma di amicizia e riconoscenza”, risponde Giannelli.  

“Di lui ho sempre ammirato il genio artistico, e anche se le vignette di satira politica non sono la mia forma comica preferita sono in grado di riconoscerne il genio”, commenta Federico Palmaroli, in arte Osho. “L’ho invidiato molto – spiega Palmaroli – un po’ perché a me piacerebbe saper disegnare, e sperimentare questa forma espressiva al di là di quello che faccio con le immagini. Ma soprattutto per aver fatto satira nel corso della Prima Repubblica, quando la distanza tra popolo e classe politica era molto maggiore di quanto non sia adesso, dove i politici si fanno satira da soli senza neanche rendersene conto. Lì c’era un’elevazione da parte della politica, e più c’è elevazione dei personaggi più è divertente buttarli giù”.  

Ispirazione dal grande maestro Forattini “sinceramente no, anche perché è cambiata la forma espressiva della comicità, e io ho un modo particolare tutto mio di farla – ammette Osho – Ma è stato uno dei grandi, e il suo stile è facilmente riconoscibile”. La satira sta morendo con lo scomparire dei grandi maestri, oppure è viva e vegeta? “E’ assolutamente viva e, anzi, con i social c’è un’esplosione tale che io più che satira, la chiamo satura”, chiosa il vignettista romano. 

“Giorgio era un poeta, un uomo generosissimo, aveva sofferto molto nella sua vita. Mai spietato era pervaso da una forma di pietas, soprattutto nei confronti dei grandi vecchi della Repubblica. Separati da Parigi la città dove si era trasferito e aveva deciso di vivere, è stato sempre per me un grandissimo amico”, è il ricordo di Paolo Guzzanti, giornalista, politico, saggista, che insieme al vignettista scrisse, a partire dagli anni ’70, in vari volumi, ‘Forattinopoli. Storia della corruzione italiana’. 

“Giorgio – aggiunge Guzzanti – rappresentava come attivista, come umorista politico, un mondo che era insieme antifascista e anticomunista, veniva dai Radicali, aveva cominciato su Paese Sera. Prendevamo in giro gli stessi personaggi, lui con altri strumenti, più adeguati. Condividevamo, in fondo, il fastidio, l’eczema dell’ipocrisia legata ad una politica popolata da marionette, sia a sinistra che a destra”.  

Paolo Guzzanti ricorda anche la “genialità di Giorgio nell’aver utilizzato nelle sue vignette il ‘segno’ di Walt Disney, oppure i fez del fascismo, a quell’epoca una vaga memoria, oggi non se li ricorda più nessuno”, e la grande passione per la pittura, “solo ritratti, non paesaggi o nature morte – prosegue – Era uno studioso della natura umana, un uomo curiosissimo e anche fortunato. Venne chiamato da Gianni Agnelli per ideare la pubblicità della Punto, anche lì un colpo di genio”. 

“Non fu fortunato negli ultimi anni con Repubblica ed Eugenio Scalfari – continua Guzzanti – Dalla prima pagina venne ‘trasferito’ alle pagine interne del quotidiano, il direttore era stanco dei continui attacchi politici delle sue vignette. Ne soffrì molto e se ne andò”. Perché la scelta della Ville Lumière? “Era romano, romanissimo, ma non amava la capitale, truculenta e sudicia, adorava Parigi dove scelse di vivere in una bellissima casa nel quartiere del Trocadéro”.  

“Che brutta notizia. Forattini è stato il primo a farci capire cos’è la satira quella vera. Ha colpito tutti, ha disegnato per decenni l’Italia con la cattiveria dei lucidi e l’amore di chi la conosce troppo bene per prenderla sul serio”, è l’intenso ricordo che regala all’Adnkronos il vignettista Mario Natangelo. “Oggi che se ne va, resta un vuoto strano soprattutto per chi come me si approccia a questa professione da relativamente poco: quello lasciato da chi sapeva essere più temuto di un editoriale”, dice il fumettista e vignettista del Fatto Quotidiano. 

Natangelo rivela poi un particolare privato: “Avrei sempre voluto incontrarlo ma non è mai successo e quando ho provato negli ultimi anni era già molto malato”. E chiosa: “Noi che facciamo questo mestiere gli dobbiamo una cosa sola: continuare. Anche quando non conviene. Anzi, soprattutto. Davvero un brutto vuoto. Per fortuna rimangono i suoi libri!”. 

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