Iran, Trump: “La mia decisione entro due settimane”

(Adnkronos) – “Basandoci sul fatto che c’è una possibilità concreta di trattative, che potrebbero avvenire o meno con l’Iran nel prossimo futuro, prenderò la mia decisione nelle prossime due settimane”. E’ la posizione di Donald Trump in relazione all’ipotesi di intervento degli Stati Uniti accanto a Israele nella guerra contro l’Iran. Il messaggio del presidente è stato riportato da Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, nel briefing con la stampa.
Qual è il messaggio della Casa Bianca? Bisogna avere “fiducia nel presidente Trump, ha intuizioni incredibili. Il presidente ha tenuto l’America e il mondo al sicuro nel suo primo mandato, con la sua politica improntata alla pace attraverso la forza. Nessuno dovrebbe essere sorpreso dalla posizione del presidente, secondo cui l’Iran non può assolutamente ottenere l’arma nucleare. E’ stato chiaro da decenni, non solo da presidente. Lo diceva già nel 2012, lo ha ripetuto nel 2015 e lo ha ribadito sia nel primo che nel secondo mandato da presidente. L’Iran ha avuto a disposizione 60 giorni per trattare, Israele ha agito nel 61esimo giorno. Come vi ho detto, il presidente prenderà una decisione entro due settimane”.
L’accordo con l’Iran deve prevedere “il no arricchimento dell’uranio. E l’Iran non deve essere assolutamente in grado di ottenere un’arma nucleare”. Trump nel recente passato ha fatto riferimento a deadline relative per provvedimenti nei confronti della Russia. Alle parole, non sono seguite azioni. Perché ora la scadenza di 2 settimane dovrebbe essere rispettata? “Sono due conflitti complicati e diversi”, dice Leavitt attribuendo responsabilità all'”incompetenza del precedente presidente e alla debolezza della precedente amministrazione. Grazie alla leadership del presidente Trump, Ucraina e Russia hanno avviato negoziati diretti dopo anni. Il presidente è un peacemaker ma non ha paura di usare la forza”, dice Leavitt.
Gli Stati Uniti puntano ad un cambio di regime a Teheran? “La priorità del presidente è che l’Iran non ottenga un’arma nucleare e che ci sia pace e stabilità nel Medio Oriente”.
In precedenza il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito la determinazione del suo governo a colpire le infrastrutture nucleari della Repubblica islamica, aprendo anche alla possibilità di assistenza internazionale. “Israele è in grado di colpire tutti i siti nucleari iraniani, ma ogni aiuto è benvenuto”, ha dichiarato Netanyahu all’emittente pubblica Kan. Il premier ha inoltre commentato la posizione statunitense: “Il presidente Trump farà ciò che è bene per gli Stati Uniti, e io farò ciò che è bene per lo Stato di Israele”.
Per Netanyahu “la questione del cambio di regime o della sua caduta è prima di tutto una questione che riguarda il popolo iraniano. Non c’è sostituto per questo. Ed è per questo che non l’ho presentato come un obiettivo. Potrebbe essere un risultato, ma non è un nostro obiettivo dichiarato”.
Intanto Tel Aviv, attraverso il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha fatto sapere che “continueremo la nostra operazione in Iran” e “non ci fermeremo neanche per un minuto fin quando la missione non sarà stata completata”. “Abbiamo un piano ben dettagliato e sappiamo esattamente quello che stiamo facendo”, ha detto in dichiarazioni riportate dal Times of Israel durante una visita a Be’er Sheva, nel sud di Israele, dove il Soroka Medical Center è stato colpito da un missile iraniano. “Continueremo a colpire gli obiettivi militari e l’infrastruttura dei missili balistici”, ha ripetuto.
Sa’ar ha definito l’attacco all’ospedale “chiaramente un crimine di guerra”. “Rispecchia la strategia del regime iraniano. Stanno colpendo deliberatamente i civili, obiettivi civili, bambini, anziani. E’ inaccettabile”, ha tuonato, riferendo di “molte telefonate di condanna ricevute da ministri di altri Paesi”.
Da parte sua il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha scritto su X che le forze iraniane “hanno eliminato un comando militare israeliano, una sede dell’intelligence e un altro obiettivo cruciale”. Secondo Araghchi, “l’onda d’urto ha provocato danni superficiali a una piccola sezione del vicino, e per lo più già vuoto, Soroka Military Hospital, usato principalmente per curare i soldati israeliani” impegnati nella campagna militare che va avanti dal 7 ottobre 2023 nella Striscia di Gaza, dove “Israele ha distrutto o danneggiato il 94% degli ospedali”.
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha avuto questo pomeriggio una conversazione telefonica con il segretario di Stato Usa, Marco Rubio. Stando a una nota della Farnesina, il ministro ha ricevuto da Rubio l’indicazione che gli Stati Uniti sono pronti a negoziati diretti con le controparti iraniane, come annunciato da Trump.
Nel corso del colloquio Tajani ha ribadito l’impegno italiano per una de-escalation che favorisca una soluzione diplomatica nel conflitto fa Israele e Iran. Con il segretario di Stato, Tajani ha concordato sul fatto che l’Iran non deve avere la bomba atomica.
Tajani, ha avuto in serata anche una conversazione telefonica con il ministro degli Affari esteri della Repubblica Islamica dell’Iran, Abbas Araghchi, dove ha confermato la contrarietà italiana al fatto che l’Iran si doti dell’arma atomica e ha ripetuto l’impegno del governo italiano per arrivare rapidamente a una de-escalation che porti alla fine degli scontri militari Iran-Israele.
Secondo il Jerusalem Post, l’Iran ha usato bombe a grappolo nei suoi attacchi odierni contro Israele. Questo tipo di ordigno, vietato da una convenzione internazionale, è stato utilizzato in un raid su Azor, alla periferia di Tel Aviv.
Il missile, ricorda il giornale, a circa sette chilometri dal suolo si divide in diversi ordigni più piccoli, ognuno dei quali ha un impatto in un raggio di otto chilometri. Ognuna delle bombe più piccole trasporta circa due chilogrammi di esplosivo. Questo, stando al Jerusalem Post, spiegherebbe il ritrovamento di un ordigno a Holon, vicino Azor, e perché molti hanno udito “mini-deflagrazioni” dopo l’esplosione iniziale.
L’Iran ha minacciato di chiudere lo stretto di Hormuz alla navigazione in risposta all’attacco in corso da parte di Israele. Lo ha affermato Behnam Saeedi, membro del Comitato per la sicurezza nazionale del Parlamento di Teheran, citato dall’agenzia di stampa Mehr. “L’Iran ha numerose opzioni per rispondere ai suoi nemici e utilizza tali opzioni in base alla situazione”, ha affermato Saeedi.
“La chiusura dello stretto di Hormuz è una delle possibili opzioni per l’Iran”, ha affermato. Mehr ha poi citato un altro parlamentare, Ali Yazdikhah, secondo cui l’Iran avrebbe continuato a consentire la libera navigazione nello Stretto e nel Golfo fino a che i suoi vitali interessi nazionali non fossero a rischio.
“Se gli Stati Uniti entrassero ufficialmente e operativamente in guerra a sostegno dei sionisti, l’Iran avrebbe il legittimo diritto di esercitare pressione sugli Stati Uniti e sui paesi occidentali per ostacolare il transito del loro commercio di petrolio”, ha affermato Yazdikhah.
L’inviato speciale americano, Steve Witkoff, ha avuto diversi colloqui telefonici con il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, da quando – venerdì scorso – è iniziata l’escalation militare, con l’obiettivo di trovare una soluzione diplomatica alla crisi. Araghchi, secondo fonti diplomatiche le cui dichiarazioni sono state rilanciate tra gli altri dal Times of Israel ed il Guardian, ha escluso un ritorno di Teheran ai negoziati fino a quando Israele non avrà cessato gli attacchi.
Le fonti hanno precisato che durante i colloqui si è parlato brevemente anche della proposta che gli Stati Uniti hanno sottoposto all’Iran a fine maggio che prevede la creazione di un consorzio regionale per l’arricchimento dell’uranio fuori dalla Repubblica islamica e che Teheran ha respinto. Secondo le fonti, Araghchi ha detto a Witkoff che l’Iran potrebbe mostrare flessibilità sulla questione nucleare se gli Stati Uniti facessero pressioni su Israele per mettere fine alla guerra.
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